Oggi, 11 novembre, è il giorno di San Martino. La tradizione vuole che in questi giorni il sole e un po’ di tepore facciano breccia nel cuore dell’autunno, e per questo si parla di “estate di San Martino”. Nelle campagne l’11 novembre era una sorta di capodanno, in quanto momento di rinnovo dei contratti agricoli che poteva significare per alcuni dover traslocare alla volta di una nuova cascina e di un nuovo impiego.
Non c’è da stupirsi che ovunque in Italia e in Europa l’11 novembre sia un giorno da festeggiare e celebrare con vari rituali e tradizioni, non ultimo per noi pavesi quello dell’apertura delle botti del vino novello perché – si sa – a San Martino ogni mosto diventa vino!
Ma non tutte le città possono vantare il privilegio di avere “conosciuto di persona” proprio il Santo di oggi. Martino, infatti, nacque in Pannonia come cittadino dell’impero romano intorno al 316, ma trascorse una parte della sua infanzia nelle campagne pavesi, a Sicut Mare, la località che in seguito diverrà San Martino Siccomario. Il suo papà era un veterano dell’esercito imperiale romano e ricevette il podere presso Pavia in virtù del suo impegno e della sua dedizione come soldato. Aveva chiamato il figlio Martino in onore di Mars, dio romano della guerra, e naturalmente aveva scelto per lui la stessa carriera militare. Non solo, però, Martino non condivideva la passione del padre, ma non ne seguiva nemmeno l’orientamento religioso pagano. Proprio a Pavia era entrato in contatto col Cristianesimo grazie ad un gruppo di catecumeni che frequentava presso Gervasio e Protasio, attraversando il Ticino ed unendosi ai loro incontri. Martino tuttavia, verso i 18 anni, accettò un trasferimento in Francia (allora chiamata Gallia) e proprio lì, nella città di Amiens, avvenne la conversione definitiva. Il suo biografo e discepolo Sulpicio Severo narra il celebre episodio del mantello: durante un improvviso temporale Martino, in sella al suo destriero, incontrò un uomo nudo e infreddolito e decise di condividere con lui il proprio mantello di porpora. All’improvviso il cielo si schiarì e l’aria si fece più mite. In seguito a questo episodio nonché ad un sogno prodigioso in cui veniva folgorato dalla fede, Martino lasciò definitivamente l’esercito per fondare una comunità religiosa prima a Poitiers e infine essere nominato vescovo della città di Tours nel 371 dove morì l’8 novembre del 397 e fu sepolto pochi giorni dopo, l’11 appunto.
Pavia condivide con Amiens il fatto di trovarsi lungo una rotta di pellegrinaggio importante, la Via Francigena, e di custodire per questo motivo un labirinto medievale (il nostro è nella Basilica di San Michele, quello di Amiens nella cattedrale). Ma questa è un’altra storia!
Torniamo al nostro San Martino perché a Pavia possiamo ammirare qualcosa di molto interessante a testimonianza della sua meravigliosa storia. Dobbiamo recarci nella basilica di San Salvatore, chiesa di fondazione longobarda risalente all’epoca del re Ariperto, dove sono conservati pregevoli affreschi della seconda metà del XVI secolo, di mano anonima, che raccontano proprio la biografia di Martino. L’episodio del mantello è estremamente interessante poiché il pittore decise di ambientarlo a Pavia anziché ad Amiens e sullo sfondo di Martino a cavallo possiamo riconoscere molti luoghi della città: il Ponte Coperto, il Regisole, l’Atrio di San Siro, il Castello Visconteo, il Parco… il tutto mostrato in prospettiva a volo d’uccello, con uno stile molto simile alla veduta di Pavia attribuita a Bernardino Lanzani della chiesa di San Teodoro.
Ma non è tutto: in San Salvatore troviamo anche un calco del piede di Martino, donato dalla comunità di Tours dove il Santo è sepolto. Insomma possiamo dire di aver davvero seguito le tracce di un grande personaggio!